Non è più un evento fortunato, la mostra/mercato dei Vignaioli Indipendenti è un caso di successo
La Fivi (Federazione dei Vignaioli Indipendenti) a 10 anni dalla sua fondazione merita attenzione e può essere un esempio per la salvaguardia del territorio con produzioni di qualità.
I numeri si impongono:
- 1.200 associati per un totale di 11.000 ettari coltivati
- 51% vitati in regime biologico/biodinamico e 49% con principi di lotta integrata
- 80 milioni di bottiglie commercializzate
- Circa 700 milioni di euro di fatturato complessivo dei quali 280 dall’export
- 600 espositori alla mostra mercato di Novembre
- 18.500 visitatori in due giornate
- 2.500 vini circa in degustazione
Un fenomeno capace di attirare appassionati di vino e tanti giovani come mai si vedono alle fiere dedicate al vino. Con una formula agile e assai fruibile che permette ai visitatori di assaggiare ciò che si vuole, o ciò che si può vista la quantità di vini ed il clima da vera festa del vino.
Non è esagerato dire che in Italia dopo il Vinitaly viene il FIVI, ormai è una realtà.
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[/round_image]Ma come sono cresciuti i Vignaioli Indipendenti, che obiettivi ha la FIVI?
Lo abbiamo chiesto a Walter Massa, vicepresidente della Federazione e, ovviamente, produttore di vini in Piemonte tra cui il raro ed eccellente Timorasso:
“La FIVI cresce e mi preme di far notare che la nostra caratteristica, diversamente da altre situazioni, è che gli associati hanno diritto a 1 voto, tanto che abbiano 10 ettari quanto 30, ed abbiamo riunito tutti gli espositori sotto nello stesso capannone come una grande famiglia sotto lo stesso cielo. In tre giorni abbiamo raccolto le 600 adesioni per esporre i propri prodotti.
I nostri associati sono gli artefici della filiera corta nel vino, ci unisce la cura della vigna, una cantina rispettosa della materia prima e la presenza sul mercato perché ci mettiamo la faccia vendendo il nostro vino.
Parlo di piccole aziende rurali che hanno l’occasione con il nostro mercato di far degustare e scoprire i loro vini ad un pubblico che difficilmente raggiungerebbero.
Un altro punto importante è la libertà di decidere il percorso produttivo per ottenere vini biologici o frutto di lotta integrata. La FIVI non impone nulla è il produttore che ha cura del suo vigneto a decidere e così facendo abbiamo oltre il 50% di produzione biologica e biodinamica come Saverio Petrilli, Tenuta di Valgiano, che è leader della produzione biodinamica.
Siamo anche coscienti ed orgogliosi che una produzione etica e responsabile migliora l’ambiente ed il paesaggio anche perché da protocollo FIVI i vini dei nostri associati si producono con ciò che si coltiva direttamente. Salvo eccezioni in caso di emergenza come la grandine, colpi di freddo o siccità estrema.
Altre battaglie che la FIVI porta avanti anche in ambito Europeo sono: la disciplina dell’uso del rame per chi fa vino bio o lotta integrata e la difesa dei Consorzi di tutela.
I nostri vigneti devono difendersi dalla peronospora e molti di noi usano il rame piuttosto che una molecola di sintesi. Ma io faccio sempre questa metafora, anche brutale. L’uso del rame, metallo pesante e persistente, pone il dilemma di Taranto: facciamo morire i lavoratori di fame chiudendo l’Italsider o li facciamo morire di cancro continuando a produrre in modo sregolato?
Ci vuole equilibrio, l’uso non controllato del rame è devastante e la FIVI appoggia la riduzione dell’uso per ettaro del rame ma chiede di considerare un arco temporale di almeno 7 anni.
Perché l’applicazione cieca di un quantitativo di rame predeterminato in un anno critico può portare i vigneti al disastro mentre può capitare l’anno che i trattamenti sono minimi.
Dunque vogliamo che si guardi al quantitativo totale del rame sparso in un arco temporale medio piuttosto che al singolo anno.
Per quanto riguarda i Consorzi di tutela li riteniamo essenziali per i vignaioli.
Sono uno strumento indispensabile per potersi misurare con le istituzioni e farsi sentire in caso di condizioni critiche. Ma sono fondamentali per pianificare l’attività di un territorio, che vale se si valorizzano le produzioni come quella del vino che in Italia è un giardino fantastico che deve essere bello ma anche remunerativo.
Anche qui si può migliorare, in molti casi un Consorzio è dominato da una cantina che ha numeri tali da orientarne le scelte. Il Grosso non è Grande. Il grosso produttore fa tanto vino e ha numeri che danno visibilità ma Grandi siamo noi piccoli produttori che curiamo l’ambiente e il territorio.
Per ultimo aspetto vorrei sottolineare il costo assai competitivo per associarsi alla FIVI che offre un’opportunità a piccoli produttori anche giovani di avere un supporto in tanti aspetti anche legali come capita per l’etichettatura o altri problemi legali.
E diamo l’opportunità di mettere in etichetta un logo che ci differenzia, che ha 10 anni di vita, è credibile e spendibile. Infatti stanno nascendo enoteche e ristoranti che esibiscono il logo FIVI, sono punti di affezione FIVI dove il consumatore può trovare eccellenze del territorio”